L’Europa, un continente composto da stati diversi che hanno scelto di intraprendere un percorso comune in nome della libertà dei popoli e tra i popoli, accompagnata dalla democrazia nata nell’antica Grecia nelle poleis di Atene e dai ritrovati valori giudaico-cristiani che invitano ad amare e rispettare il prossimo come noi stessi.
Una distesa di terre, mari e monti che, nel secolo scorso, ha affrontato periodi complessi di morte e divisione, causati dallo scoppio dei due conflitti mondiali e dall’ombra oscura della Guerra Fredda. Oggi, però, l’Europa si trova a fronteggiare, in modo compatto, un periodo altrettanto oscuro, a causa delle continue minacce provenienti dalla Federazione Russa, iniziate con lo scoppio della guerra in Ucraina e proseguite sotto forma di provocazioni nei confronti degli stati membri del Patto Atlantico, in particolare nell’Europa centro-orientale.
Polonia e baltici come test di sconfinamento
Il primo episodio provocatorio si è verificato in Polonia tra il 9 e il 10 settembre, quando uno stormo di droni, composto da 19 a 23 velivoli provenienti dai territori di Russia e Bielorussia e diretti verso città ucraine, ha violato in modo anomalo i confini polacchi, penetrando per circa 160 chilometri nello spazio aereo sovrastante la capitale Varsavia e la città di Lublino. La reazione dell’Alleanza Atlantica non si è fatta attendere: caccia F-35 olandesi, in cooperazione con i MiG-29 polacchi, si sono levati in volo, abbattendo quattro droni. Nel frattempo, il governo polacco ha ordinato la chiusura dei quattro principali scali aerei del paese e ha inviato un messaggio di allerta ai cellulari dei cittadini per informarli dell’accaduto.
Successivamente, il presidente polacco Donald Tusk ha rilasciato una dichiarazione alla stampa, definendo l’episodio «una provocazione senza precedenti». Dopo quanto accaduto in Polonia, il Cremlino ha deciso di testare l’anello apparentemente più debole dell’Alleanza, ossia i Paesi baltici, più vicini all’enclave di Kaliningrad. Dal 15 al 20 settembre, è stato intercettato un gruppo di velivoli composto da sette droni e tre caccia MiG-31 armati, privi di piano di volo e con i transponder spenti, impegnati in un’operazione di sorvolo della base dell’aeronautica militare estone di Ämari, vicino alla capitale Tallinn.
Il governo estone ha immediatamente chiuso lo spazio aereo nazionale per un raggio di sei chilometri dalla linea di confine con la Russia. Poche ore dopo, il ministro estone della difesa Pevkur si è congratulato con i piloti della NATO per la brillante operazione di abbattimento dei droni. Dopo l’Estonia, la tensione si è spostata più a sud, ma nella stessa area geografica. Dal 10 settembre fino a pochi giorni fa, la Lettonia ha segnalato il ritrovamento, sulla spiaggia di Gerani, di componenti di droni appartenenti a un gruppo di cinque velivoli responsabili del sorvolo della città di Daugavpils. In risposta, il governo lettone ha ordinato alle principali agenzie di intelligence di monitorare gran parte della minoranza russa presente nel paese.
Nello stesso periodo, l’aeronautica lituana ha intercettato un numero imprecisato di oggetti volanti non identificati, provenienti dal territorio bielorusso e diretti verso i cieli di Vilnius e Kaunas. In risposta, il ministro della difesa lituano Anušauskas ha ordinato l’attivazione e il dispiegamento di diverse batterie di missili terra-aria Patriot.
Completate le operazioni di sorvolo nel settore baltico nord-orientale, il Cremlino ha spostato l’attenzione sui Paesi scandinavi e dell’Europa centrale. La Danimarca, tra il 22 e il 27 settembre, ha intercettato oltre 500 droni e cinque caccia MiG-31 sopra la capitale Copenaghen e un aeroporto militare vicino alle città di Karup ed Esbjerg, dove sono stanziati gli F-35. L’episodio è avvenuto in concomitanza con il passaggio di una nave da sbarco russa, con il transponder spento, nelle acque danesi. Le autorità danesi hanno reagito chiudendo i principali aeroporti civili nazionali per cinque ore nella mattina del 22 settembre. Il primo ministro danese Mette Frederiksen ha descritto questo periodo di provocazioni come «l’attacco ibrido più grave degli ultimi dieci anni». Il 28 settembre, le provocazioni si sono estese alla Svezia, dove due droni sono stati intercettati, prima sopra il porto militare di Karlskrona e successivamente a circa 10 chilometri di distanza, nei pressi di Möcklösundsbron.
La guerra ibrida del Cremlino
Questa serie di azioni, orchestrata dal Cremlino, rientra in una strategia precisa denominata “guerra ibrida”, una tattica militare che combina elementi di guerre convenzionali e non convenzionali. Questi includono, ad esempio, la guerra politica attraverso la manipolazione delle elezioni, come avvenuto questo mese in Moldavia, dove fortunatamente ha prevalso il partito atlantista ed europeista di Maia Sandu con un consenso del 49%; il controllo di paesi instabili, come la Libia, che attualmente si trova in uno scenario di guerra civile che vede contrapposti il Governo di Unità Nazionale di Tripoli, sostenuto dagli Stati Uniti d’America, e il governo di Tobruch, appoggiato dalla Federazione Russa, per generare flussi migratori irregolari verso l’Europa con l’intento di destabilizzarla; la guerra economica, basata sull’imposizione di dazi, come sta avvenendo tra Stati Uniti ed Europa, contrapposti a Russia e Iran; la guerra psicologica, che consiste nel controllo della propaganda e dell’informazione all’interno di uno stato straniero; e, infine, la guerra cibernetica tra organizzazioni di hacker e agenzie governative.
Non è chiaro dove ci condurrà tutto questo: se abbia ragione il generale, americano o russo, che invoca la guerra a ogni occasione, o il pacifista che trascorre le giornate al bar sotto casa sorseggiando caffè. Una cosa, però, è certa: nei momenti più bui, la fede allevia le sofferenze. Per questo, ripongo la mia speranza negli appelli di pace di Papa Leone XIV.
