Il 10 ottobre 2025 il mondo ha conosciuto il nome del vincitore del Premio Nobel per la Pace. Il riconoscimento, ambitissimo, dalla portata internazionale enorme, non è stato attribuito all’attuale Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, come egli stesso sperava.
A ricevere il premio è invece Maria Corina Machado, classe 1967, venezuelana. Dal 2011 ferma oppositrice della dittatura, non ci vergogniamo a definirla tale, che opprime il suo paese e il suo popolo dal 2002. Un regime comunista, che umilia, tortura, soggioga, avvilisce, deprime, martoria, annienta quello che fu per anni uno dei più prosperi paesi dell’America Latina. Il tutto in nome della giustizia sociale. Il suo fondatore, il Colonnello Hugo Chavez, è ancora osannato dalle sinistre di tutto il mondo come esempio di “anti-imperialismo militante”, per anni simbolo dell’epopea no-global, del terzomondismo e dell’odio sociale anticapitalista caro anche a molti pasionari nostrani.
Non ha avuto alcuna importanza, per costoro, se il Venezuela andava incontro a un disastro dal punto di vista del pluralismo democratico. Nemmeno oggi si odono manifestazioni di piazza in segni di solidarietà al popolo di Caracas, nonostante il successore di Chavez, Nicolas Maduro, controlli qualsiasi ganglo della società del paese, mettendo a tacere chiunque si opponga alla “Revolucion del pueblo unido”.
Tra gli eterni perseguitati del regime c’è Machado: arrestata nel 2014 ed espulsa dall’Assemblea Nazionale per aver osato manifestare, con la folla inferocita, contro un regime autoproclamatosi “del popolo” ma responsabile di una crisi economica devastante. Inflazione alle stelle, disoccupazione micidiale, cibo e beni di prima necessità scarseggianti in maniera cronica a causa delle scellerate politiche di calmieraggio del governo.

La speranza di una nazione disastrata dal socialismo
Da allora Machado è stata sottoposta ad una serie di processi farsa, con l’accusa tipica di chi teme più di ogni altra cosa l’opposizione interna, ossia l’alto tradimento. Del 2023, dopo aver vinto le Primarie Presidenziali del suo partito d’opposizione di centrodestra, “Vente”, le viene impedito, con una sentenza che ha del comico, di correre alle elezioni per quindici anni. A quanto pare il prezzo per il sostegno incrollabile alla democrazia, al rispetto dello Stato di Diritto e della libertà di espressione e di pensiero è quello di essere accusati in modo infamante e senza uno stralcio di prova di essere “sostenitori di sanzioni internazionali” contro il proprio paese.
Ma cosa farebbe qualsiasi persona onesta, amante della libertà e della democrazia, davanti alla devastazione della propria Patria? Non fecero la stessa cosa coloro i quali furono, specularmente, costretti all’esilio dal regime fascista di Mussolini? Eppure c’è chi, in Italia, ha avuto da ridire circa il Nobel alla coraggiosa leader venezuelana: un gelido silenzio dal Movimento Cinque Stelle, una tiepida esultanza del Partito Democratico (il cui sito ufficiale ha cancellato i complimenti a Machado) e, per concludere, una delirante filippica ad opera del senatore Peppe De Cristofaro di Alleanza Verdi e Sinistra, il quale ha avuto il coraggio di definirla “simbolo dell’egemonia della destra mondiale, avrei preferito fosse dato a Francesca Albanese o a Greta Thunberg”.
Si sa, per i compagni certe cause di libertà sono più importanti di altri. Tutti gli uomini nascono oppressi, ma alcuni sono più oppressi di altri.
