Zefiro: La voce controvento

Le nuove Lady di Ferro: Sanae Takaichi

Ad un passo dal diventare la prima donna Primo Ministro del Giappone, Sanae Takaichi non si fa piegare dalle femministe e diventa espressione dei conservatori.

«Il mio obiettivo è diventare la lady di ferro». Sanae Takaichi, nuova leader del Partito Liberal Democratico giapponese non nasconde le sue ambizioni: diventare la prima donna primo ministro del Paese, e possibilmente lasciando dietro di sé una scia thatcheriana.

Ex ministro della Sicurezza economica e degli Interni, ora neo-eletta leader del partito che da decenni domina lo scenario politico nipponico, la 64enne rappresenta l’ala più conservatrice e nazionalista del Ldp, la destra che attinge direttamente dall’ex primo ministro Shinzo Abe, leader assassinato nel 2022 durante un comizio che tutt’oggi lascia una ferita aperta nel paese del Sol Levante. 

Ma la vera sfida di Takaichi è appunto quella di aggiudicarsi la nomina di prima donna primo ministro, passo che potrebbe realizzarsi a breve. Dopo la rottura dell’alleanza durata 26 anni tra Ldp e Komeito, il partito guidato dall’iron lady cerca il dialogo con il Partito dell’Innovazione del Giappone, l’anima liberal-conservatrice della Dieta nazionale. Il leader Hirofumi Yoshimura ha dichiarato che dopo un incontro con Takaichi il suo partito sarebbe disposto a votarla come primo ministro «qualora venga raggiunto un accordo politico sui programmi tra le due parti». 

Ebbene, un liberale spererebbe che questo accordo possa influire sull’etica economica di Takaichi, ammiratrice della Abenomics, e di conseguenza molto lontana dalle politiche neoliberiste della vera Iron Lady Margareth Thatcher

Japan First e Articolo 9

Infatti, Takaichi punta ad una politica economica interventista, basata sull’aumento della spesa pubblica per stimolare la crescita (in un’ottica statalista) e investimenti in “crisis management” in settori come tecnologia avanzata, semiconduttori, intelligenza artificiale, sicurezza e biotecnologie. 

Quella di Takaichi è una sorta di “Japan First” trumpiana, una politica nazionalista volta a riportare parte della produzione industriale in Giappone per costruire una forte autonomia strategica, ma mantenendo solidi rapporti con USA ed Europa, e con la parte più “occidentale” dell’estremo oriente: Taiwan

La lady di ferro sceglie dunque di avvicinarsi all’isola al largo della costa cinese, dimostrando fin da subito un certo distacco ideologico da Pechino. Infatti, uno dei suoi obiettivi è proprio quello di rafforzare la cooperazione con Australia e Corea del Sud nell’ambito del Quad, il gruppo di sicurezza indo-pacifico che insieme agli Stati Uniti hanno il compito di contenere l’espansionismo cinese nella regione. 

Ed è proprio sulla difesa del Giappone che Sanae Takaichi lancia un forte messaggio che tira fuori la sua indole thatcheriana. Tra i suoi più importanti obiettivi vi è quello di riformare l’Articolo 9 della Costituzione pacifista, che obbliga i giapponesi a rinunciare per sempre alla guerra come diritto sovrano della nazione e alla minaccia o uso della forza come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Questa misura era stata imposta dagli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale per evitare che potesse rinascere un esercito imperiale. 

Tuttavia, dalla Guerra Fredda il Paese dispone di una delle forze armate più tecnologicamente avanzate al mondo, chiamate “Forze di auto-difesa”, le quali possono intervenire solo per difendere il territorio in caso di attacco. 

La battaglia di Takaichi è quella di «ricostruire un’identità nazionale» partendo appunto dalla legittimazione del potere militare, la cui non esistenza è spesso vista solamente come un’umiliazione post-bellica. Non solo, oltre alla questione identitaria, l’importanza di avere un esercito regolare permetterebbe di partecipare ad operazioni congiunte con gli alleati, aumentare il bilancio della difesa per sviluppare missili a lungo raggio, sistemi antimissile e capacità offensive preventive e di conseguenza detenere un arsenale sufficiente per far fronte alle minacce provenienti dalla Cina e dalla Corea del Nord

La riforma di questo articolo tocca tasti delicati della storia giapponese: la missione della leader dovrà dunque essere quella di ridare un volto militare al paese senza cancellare i decenni di rinuncia alla forza che lo hanno distinto. Ma in un’ottica di “si vis pacem, para bellum” la stabilità pacifica del Giappone sarebbe probabilmente meno a rischio con un’adeguata capacità militare. 

Tradizioni e welfare

Le politiche sociali esprimono l’anima conservatrice della 64enne. Takaichi è contraria ad una immigrazione su larga scala per compensare la mano d’opera; nella sua agenda la risposta a questa carenza risiede nelle politiche di natalità e il forte welfare destinato ad aiutare le famiglie giapponesi. La destra sociale è il modello imperante tra le destre internazionali, salvo rari casi come quella di Milei, e l’isolazionismo che spesso ne consegue è la classica combinazione statalista: un’euforia momentanea seguita da decenni di instabilità

Niente unioni dello stesso sesso per la Takaichi, così come il veto imposto sulla proposta di legge di far mantenere alle donne il cognome da nubile una volta sposate. Per la leader conservatrice è giusto che la donna acquisisca il cognome del marito, è tradizione, e lei non vede un vero motivo al cambio “di regime” di questa pratica, se non una semi battaglia radical-femministaL’imperatore deve rimanere un uomo secondo la leader, niente cambi di rotta su questo fronte. 

Una cosa è certa: il femminismo radicale esploso in questi anni sta ricevendo una forte lezione ogni volta che donne del genere, in una società cosiddetta patriarcale, riescono ad emergere e a diventare figure di spicco, se non addirittura primo ministro del Giappone.

La critica mossa da coloro che non vogliono accettare la realtà è che donne del genere rappresentano il conservatorismo, e che quindi farebbero spallucce ad un sistema patriarcale che per decenni le ha oppresse. Beh, paradossale il fatto che queste donne vengano sminuite proprio da chi dovrebbe difenderle. Sanae Takaichi, così come María Corina Machado o Giorgia Meloni, non sono arrivate dove sono per grazia divina o per una mera scorciatoia politica. E negare l’evidenza di scalate simili significa soltanto essere in mala fede. 

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