Zefiro: La voce controvento

Né pacifinti, né fascisti rossi: sono antifascisti

Sciopero per la pace nella Striscia di Gaza si trasforma in guerriglia urbana. Oltre 60 agenti feriti. A Milano assaltata la Stazione Centrale. Shock a Calenzano: deltaplani sarebbero stati usati per commemorare il Massacro del 7 ottobre.

Alcune delle scene andate in onda questo lunedì 22 settembre lascerebbero qualsiasi persona veramente democratica esterrefatta. Non tanto per la violenza e per il caos a cui sono stati sottoposti cittadini e turisti stranieri che avevano come unico reato quello di essersi trovati nel mezzo della baraonda che si è scatenata. Neppure per la trasformazione di una manifestazione con intenti, quelli della fine del conflitto e della strage di civili nella Striscia di Gaza e della fine delle privazioni e delle sofferenze per il popolo palestinese, in buona parte nobili e condivisibili, in uno spiacevole e svilente scontro politico di seconda categoria a causa dei fatti verificatisi. Nemmeno, certo, per i membri delle Forze dell’Ordine finiti in ospedale negli scontri con i manifestanti più scalmanati, nel tentativo di sedare i loro istinti vandalici a metà strada tra l’Ottobre 1917 e l’Intifada del 1987. Neppure tanto per il richiamo a quella stessa Intifada in molte delle piazze d’Italia in alcuni dei tanti cori che si sono sentiti, insieme ad altri come “dal fiume al mare” (invocando così la distruzione di Israele). 

Quel che suscita sconcerto e indignazione in chiunque è la leggerezza con la quale gli ideatori di tale mobilitazione sindacale hanno reagito alle immagini che tutti i telegiornali e che tutte le agenzie stampa hanno riportato

A distanza di alcune ore, infatti, si sentono i progressisti nostrani, quelli che si autodefiniscono “dalla parte giusta della storia”, correre in soccorso dei “compagni che sbagliano”, come al solito. Blande e generiche le prese di distanza dei leader del cosiddetto Campo Largo (PD, Movimento 5 Stelle e AVS), che non sembrano rendersi conto della gravità di quanto accaduto, eterni ultimi arrivati (si spera, anche alle elezioni). Dalla Nomenclatura intellettualoide radical chic alla Roberto Saviano, poi, che ha il coraggio di dire che “il clima d’odio lo alimenta Giorgia Meloni”, sono arrivate addirittura apologie velate. Tra chi minimizza con il solito “erano quattro gatti”, tra chi parla di mistificazioni e di strumentalizzazione della destra, il copione è sempre il medesimo. Certa sinistra non è capace di fare i conti con sé stessa. O meglio, con parte di essa, cioè la quasi totalità della galassia neo-marxista extraparlamentare.

Se l’assalto alla Stazione Centrale di Milano, con vetrine rotte, 60 poliziotti contusi anche gravemente (Sky TG24), intimidazioni, simboli e atti d’odio lo avessero perpetrato gruppi di destra il polverone mediatico e politico che ne sarebbe conseguito sarebbe stato simile, mi viene da dire, a quello scatenato il 9 ottobre 2021, quando gruppi di estrema destra NO PASS assaltarono, in maniera indegna ed esecrabile, la sede romana della CGIL. All’epoca tutto il mondo politico si strinse in maniera chiara intorno all’organizzazione sindacale. Se ne parlò per interi mesi. Il fatto divenne anche un alibi per mettere a tacere chiunque, all’epoca, si dichiarasse contrario a una misura come il Green Pass. Per Gaza no. Per Gaza è diverso. In nome del sostegno alla sua popolazione civile, che pure sta patendo condizioni spesso indicibili, è concesso tutto. Davanti alla causa proPal le responsabilità della politica cessano del tutto.

Sembra che la sinistra italiana si senta in possesso di un lasciapassare magico, che la autorizzi a fare di tutto pur di veicolare il proprio messaggio “giusto, oggettivamente giusto, giustissimo”, financo ricorrere alla violenza o all’illegalità, contestualizzando, minimizzando e giustificando nel caso in nome della causa perorata. E guai a fare la stessa cosa dall’altra parte: lo stabile occupato da altre 30 anni di Leoncavallo? Un luogo di cultura e di riscatto sociale, nel quale si propongono valori sacrosanti. Quello occupato da CASAPOVND a Roma? Un “covo di fasci” da chiudere assolutamente, non ha importanza se ci vivono delle persone dentro. La libertà di espressione e di dissenso è sacra e inviolabile, ci viene ribadito da questa gente ogni 25 aprile in occasione della Liberazione nazionale dal Nazifascismo? Sì, peccato che quando un ragazzo di destra come Charlie Kirk viene ucciso per le sue idee politiche ci siano i distinguo: chi esprime pubblicamente la propria goduria per la sua morte, come il gruppo universitario di estrema sinistra Cambiare Rotta, parte integrante delle manifestazioni di questo lunedì, chi ne minimizza l’entità dicendo che è causato dalle armi libere (come se in Italia durante gli Anni di Piombo avessimo il II Emendamento) o addirittura ci dice che uccidere un MAGA non è come uccidere Martin Luther King. Parola di Piergiorgio Odifreddi, comunista dichiarato oltreché matematico e opinionista da salotto. La stessa cosa hanno fatto giornalisti come Andrea Scanzi e lo stesso Roberto Saviano, che ci tiene a farci sapere che “non tutte le vite vanno rispettate”.

Fa sorridere come, nella concezione di questi galantuomini, la morte di un ragazzo che esprimeva le sue idee, che essi reputano essere la nemesi massima della loro visione di società libera, sia tollerabile e per nulla grave, mentre non lo sia la morte di 65.000 gazawi con idee ben più retrograde e illiberali, nel nome della lotta al terrorismo islamico. Tengo a precisare che questa non è in alcun modo la posizione di chi scrive, ma che seguendo questo ragionamento dovrebbe essere il pensiero di chi fa certe affermazioni aberranti. 

Massima contraddizione: la guerra urbana per dire no alla guerra dei soldati

La mobilitazione di ieri, inutile negarlo, è stata molto grande e sentita da chi l’ha perorata. Centinaia di migliaia di persone, in ottantuno piazze d’Italia. Un’iniziativa enorme, nata per volontà dei Sindacati di categoria (sebbene, paradossalmente, meno del 6% dei lavoratori del settore pubblico vi abbia aderito). Elevata la partecipazione di gruppi studenteschi di sinistra ed estrema sinistra. L’evento, oceanico, non è stato tuttavia gestito al meglio dalle forze dell’ordine e dalle autorità e non ha avuto la dovuta coordinazione da parte di organizzatori e rappresentanti.

Già in mattinata avvisaglie di disordine si sono verificate a Napoli, dove i manifestanti hanno occupato abusivamente i binari della stazione. A Roma la gente in piazza ha impedito a turisti e passeggeri di entrare dentro la stazione Termini. È stata, in concordanza con la Prefettura, occupata la Tangenziale est. Un gruppo di esaltati ha occupato le aule dell’Università La Sapienza. In Toscana è stata occupata l’autostrada Firenze-Pisa-Livorno. Ma le scene più cruente si sono viste, com’è noto, nella zona della Stazione Centrale di Milano, dove centinaia di aderenti a gruppi di antagonisti, anarchici, collettivi studenteschi, adolescenti di seconda o terza generazione, con la keffyeh in testa e al grido di Free Palestine hanno cercato di assaltare lo scalo ferroviario, tenendo di fatto come ostaggi all’interno dell’edificio cittadini e famiglie, che probabilmente non si aspettavano nulla di simile. Vetrine devastate, locali distrutti, rifiuti, immondizia, lerciume. Il tutto nel nome della Palestina, in piena tradizione di estimatori di terroristi quali essi sono. Servirà ai bambini di Gaza questa violenza?

Immancabili, come sempre in queste situazioni, le scritte e i simboli d’odio antisemita: a Calenzano, in provincia di Firenze, il volo di un deltaplano ha aperto la manifestazione (Androknos). Chiaro il rimando al Massacro del 7 ottobre, secondo il Presidente dell’omonima associazione Stefano Parisi. L’associazione politica Giovani Palestinesi Italiani ha commentato con una storia su Instagram scrivendo “do you remember?”, “ti ricordi”. E poi frasi, gesti inqualificabili che dimostrano come, per molta gente scesa in piazza, la causa della tragedia in corso a Gaza non sia altro che l’ennesima occasione per lanciare filippiche contro la destra. L’immagine della Premier Meloni è stata data pubblicamente alle fiamme, a Torino. A Bergamo alcuni attivisti di Forza Italia Giovani sono stati aggrediti da sedicenti propal. Per concludere in bellezza, sempre a Torino, in serata, è stata occupata per ore l’autostrada A4, causando code chilometriche e disagi. 

Tutti questi fatti si inseriscono in un clima di crescenti tensioni politiche e di intolleranza in Italia, del quale la parte politica responsabile è soprattutto certa sinistra radicale. Solo sei giorni fa all’Università di Pisa il professor Rino Casella è stato aggredito da un gruppo di giovani militanti di estrema sinistra. È finito al pronto soccorso, i quali gli hanno impedito di svolgere la sua lezione. La sua colpa? “Essere sionista”, secondo chi lo ha assalito insieme ad alcuni studenti presenti ad assistere la sua lezione. Nello stesso giorno un docente israeliano è stato allontanato dall’Università di Torino per aver osato esprimere la propria opinione sul conflitto a Gaza davanti a chi lo contestava. Sempre a Torino, al Campus Luigi Einaudi, lo scorso maggio, dei facinorosi hanno buttato fuori a calci ragazzi dell’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane) da un’aula assegnatagli per un convegno su Israele, con sputi e calci. Negli stessi giorni, al Salone del Libro, gli stessi proPal hanno tentato di fare irruzione alla presentazione del libro dello scrittore ebreo Nathan Greppi, venendo alle mani con la polizia, mentre a Busto Arsizio frange dell’estrema sinistra hanno cercato di impedire con la violenza che si tenesse il Remigration Summit, al quale hanno parte partiti politici e think tank sovranisti europei. 

Viene da chiedersi, in determinate situazioni, per quale motivo debbano essere gli onesti contribuenti, già martoriati da un fisco dalle fattezze oppressive per non dire criminali, a pagare. Il lavoratore pendolare italiano, in media ogni settimana, vede i servizi pubblici essenziali che paga con le proprie tasse sospesi per colpa dei vaneggiamenti di Maurizio Landini, che deve usare qualsiasi occasione, financo Gaza, per fare opposizione al governo. Non contento, deve anche osservare impotente la devastazione delle città, già ostaggio di criminali e di nullafacenti, da parte di sedicenti rivoluzionari dalle fregole in bolla. E se a un privato commerciante viene devastato il negozio per le manifestazioni: “ehhh, è per una giusta causa. Lei però rimane un evasore”

Che siano gli organizzatori di tali eventi, come proposto di recente dalla Lega (con la quale il sottoscritto condivide poco a livello ideologico) a sborsare quattrini in caso di danni nelle manifestazioni e nelle mobilitazioni da esse portate avanti. Del resto, sarebbe anche un modo, finalmente, per responsabilizzare tutti, indipendentemente dalla parte politica, al rispetto del decoro pubblico e della volontà altrui di non aderire e di vivere un’esistenza normale nonostante la presa di posizione, del tutto legittima e su temi anche condivisibili, di parte della società civile. 

Basta chiamarli fascisti rossi: sono semplici antifascisti 

In tanti, tra i moderati, i liberali e i conservatori in Italia hanno risposto, per anni, agli atteggiamenti violenti e tirannici di questi gruppi estremi afferenti al sottomondo della sinistra estrema, nelle piazze e nei salotti accademici, piegandosi al suo gioco.

Tale galassia, infatti, da sempre, etichetta come “fascista” (o fascio, o fascistoide) chiunque abbia un’opinione discordante dalla sua, su svariate tematiche. È un sistema ampiamente rodato, da parte di tutta la sinistra, spesso anche da parte di quella mainstream, quello del ricorso alla retorica della Resistenza. Il Partito Comunista del resto lo ha fatto per anni con la Democrazia Cristiana, responsabile di stare “con gli imperialisti a Washington” (si parlava all’epoca di socialfascismo nei circoli vicini a Botteghe Oscure). Poi toccò negli anni ’80 a Bettino Craxi per le sue manie di protagonismo, e al suo PSI. Fu il turno di Silvio Berlusconi dopo la sua Discesa in Campo, colpevole di aver aperto le porte ai “neofascisti” di Alleanza Nazionale. E poi con Beppe Grillo, con Matteo Salvini, con Giuseppe Conte (solo quando governava con la Lega). Oggi, in una specie di “ritorno alle origini” i bersagli di tale demonizzazione politica a fini di delegittimazione, che si ripete puntuale come un orologio svizzero ogni qual volta c’è una commemorazione o una critica da muovere al governo, è appunto l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni. Donna che ha le sue origini politiche nel Movimento Sociale Italiano, che non l’ha mai fatto segreto, ma che ha comunque più e più volte condannato il regime di Benito Mussolini, con le parole e con i fatti. Ma che comunque rimane, per tanti ancora, “la fascista” al governo. In risposta a determinate uscite, dal mondo del centrodestra liberale, moderato o conservatore, spesso, si ricorre all’additare come fascisti coloro che, da sinistra, si macchiano di azioni tipiche dello squadrismo degli anni ’20: messa a silenzio degli avversari, atteggiamenti sprezzanti verso la democrazia, lo Stato e le istituzioni (considerate “deboli”, asservite), la pretesa di avere sempre ragione, il ricorso alla violenza, la verve rivoluzionaria a fini “superiori”. In tale modo si starebbe ripagando la sinistra estrema con la sua stessa moneta, rimanendo tuttavia nel linguaggio da essa inaugurato.

Ebbene dico io: tutto ciò dovrebbe finire. Li si chiami con il loro nome. Queste persone stanno semplicemente andando contro ciò che, secondo loro, è il male assoluto, ossia la destra, che essi identificano automaticamente con il Fascismo. Sono dunque dei pieni antifascisti…illiberali e antidemocratici. Perché se è vero che per appartenere alla categoria liberali e democratici si deve essere per forza antifascisti, non è altrettanto vero il contrario. Non tutti gli antifascisti sono liberali e democratici. Alcuni di essi sono, da antifascisti, un pericolo per il nostro sistema di libertà e di diritti civili e politici stabili dalla Costituzione che è sì antifascista, ma che è in primis democratica, dunque implicitamente opposta a qualsiasi forma di intolleranza politica e di totalitarismo.

Per questi gruppi estremisti, purtroppo, la polarizzazione politica frutto della Guerra Civile prima e degli Anni di Piombo poi, non si è mai conclusa. Necessitano, nella loro visione manichea del mondo, nella quale loro sono dalla parte del bene, di un nemico comune. Il loro modus operandi è del tutto simile a quello adottato dai Sovietici, che dopo la Seconda Guerra Mondiale hanno iniziato a chiamare “fascista” chiunque non si piegasse alla rivoluzione proletaria internazionale, esportata in giro per il mondo in maniera del tutto simile all’esportazione della democrazia da parte degli USA. Non a caso il Muro di Berlino, costruito nel 1961, aveva come nome ufficiale quello di “Barriera di Difesa Antifascista” (Antifaschistischer Schutzwall). Sempre seguendo la loro visione manichea e giacobina della realtà politica, all’interno della quale auspicano una democrazia delle idee totalitaria, nella quale il Paradosso della Tolleranza Karl Popper viene fuorviato e rappresenta l’alibi per delegittimare chiunque non si pieghi alla loro narrazione ultraprogressista, essi considerano capitale, clero e “razza bianca” (se di essa si può parlare, ma loro lo fanno di continuo) come facce della stessa medaglia, ovvero del nemico, che si chiama Occidente. Esso incarna tutti i valori e le peculiarità che essi odiano e detestano, perché nega la loro possibilità di imporre alcunché. La loro idea di libertà è strettamente legata a una concezione di bene superiore, che è il loro, e che va difeso ad ogni costo, pena l’estromissione, ideale e in seguito, si presume, fisica, dalla società. Tale concezione non può tollerare alcun tipo di dissenso, poiché si negherebbe il concetto stesso di bene, come oggettivo e dimostrato da “loro”. Il resto è fascismo, è sionismo, è omobilesbotransfobia, è razzismo, è maschilismo, è sessismo, è egoismo, è negazionismo, è complottismo, è imperialismo, è neocolonialismo, è patriarcato. E chi più ne ha più ne metta.

Ciò fa comprendere, a mio parere, che non basta più dichiararsi antifascisti. Non possiamo più basare la nostra concezione di società libera sulla condanna e sull’isolamento politico di una sola parte estrema e antidemocratica, a mo’ di esorcismo collettivo ogni 25 aprile. 

È necessario rendersi conto che il Marxismo, erede diretto del Giacobinismo politico, ha come obiettivo intrinseco il sovvertimento del modello pluralista sul quale basiamo la nostra vita collettiva, del quale godiamo oggi, con tutti i suoi difetti e le sue problematiche interne, ma che ci ha consentito di raggiungere, in questi 80 anni di pace e prosperità, le massime vette del genere umano in termini di benessere e di sviluppo, sia materiale che, soprattutto, di espressione intellettuale basata sul libero arbitrio

Servirebbe dunque una risposta forte, decisa, di presa di coscienza responsabile da parte delle istituzioni, verso qualunque forma di ideologia che metta a repentaglio la sopravvivenza stessa di questi valori. Di destra e di sinistra che sia. In un momento come questo, dove l’Occidente e i suoi valori sono in declino e sotto attacco da parte di nemici esterni (ed interni), ciò è più che mai imperativo. 

Sempre che non sia troppo tardi per noi liberali.

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